Lo scrittore Jonathan Franzen prende così sul serio l’argomento concentrazione che, per scrivere il suo ultimo romanzo bestseller Libertà, si è rinchiuso in un ufficio scarsamente arredato per sfuggire alla tentazione del multitasking. Come ha detto alla rivista Time, è arrivato al punto di rimuovere dal suo vecchio computer portatile la scheda wireless e distruggere chirurgicamente la porta Ethernet con della colla ed una sega. Ha poi creato un ambiente privo di disturbi usando tappi e cuffie con cancellazione del rumore.
Un po’ estremo, forse, ma Franzen ha dimostrato una accorta comprensione nella fallibilità umana: le menti creative sono altamente suscettibili alla distrazione.
Il MITO del Multitasking
Molti studi dimostrano che la mente umana è veramente multitasking solo quando si parla di comportamenti altamente automatici come camminare. Per le attività che richiedono una attenzione cosciente, non c’è davvero una cosa simile al multitasking. Il cervello esegue e ferma ogni attività a seconda delle esigenze. Ci si convince di stare facendo in maniera super-efficiente due o più cose contemporaneamente. Ma in realtà ne stiamo facendo solo una, poi un’altra, poi di nuovo, con molta meno abilità e precisione rispetto all’essere concentrati semplicemente su un compito alla volta.
Prendiamo l’esempio della lettura. Se una volta avremmo potuto trascorre qualche ora con un libro e uscire per incontrare gli amici, oggi gli strumenti di Instant Messagging ed i Social Network offrono l’allettante possibilità di fare entrambe le cose contemporaneamente. La realtà? Laura Bowman e il suo team alla Central Connecticut State University ha scoperto che gli studenti che usano IM durante la lettura di un libro di testo impiegano mediamente circa il 25% del tempo in più per leggere un passaggio (senza comprendere il tempo impiegato nell’uso dell’IM), rispetto agli studenti che semplicemente leggono. Aldilà del compito da eseguire, che si tratti di lettura più IM o di scrivere guardando la TV, il risultato finale è che la qualità stessa della prestazione ne risente e tutte le attività richiedono più tempo per essere completate rispetto alla stessa attività svolta tutta in una volta (L. L. Bowman et al., “Can Students Really Multitask? An Experimental Study Of Instant Messaging
While Reading,” Computers and Education, 54 (2010): 927–931).
Poche Distrazioni
Naturalmente, il multitasking non è la nostra sola afflizione. Forse ancor più insidiosa è la nostra abitudine di lasciare aperti e-mail o social network in background. Basta un fischio da una di queste applicazioni, che si scatena l’emozione di una comunicazione inattesa, e BUM, siamo fuori rotta, deconcentrati.
Ma non ci limitiamo soltanto a perdere il tempo rispondendo al messaggio; bisogna poi lottare contro se stessi per tornare a concentrarsi di nuovo. Una drammatica dimostrazione di tutto questo è evidente in un esperimento condotto negli uffici di Microsoft (S. T. Iqbal and E. Horvitz, “Disruption and Recovery of Computing Tasks: Field Study, Analysis, and Directions,” Proceedings of the Conference on Human Factors in Computing Systems, 2007), dove è stato monitorato il modo di lavorare di ventisette dipendenti per un periodo di due settimane.
Il risultato? Non solo rispondere ai messaggi distrae i dipendenti (per una media di dieci minuti), causa in loro anche la tendenza ad usare la pausa come un modo per aprire una serie di altre applicazioni, il che comporta altri dieci o quindici minuti mediamente passati prima che finalmente si ritorni al compito principale. A volte la distrazione si protraeva per ore.
Possiamo dire a noi stessi che dobbiamo solo rispondere a una e-mail veloce o fare una breve telefonata. Ma in realtà, la commutazione di compiti diversi ci manda giù in una fossa, trascinando la nostra attenzione lontano dal nostro lavoro prioritario per molto più tempo di quanto ci aspettiamo.
Anche se hai una forza di volontà di ferro, il semplice fatto che Internet è in agguato sul tuo computer ha un costo sulle prestazioni lavorative. L’atto stesso di resistere alla tentazione mangia la concentrazione e lascia mentalmente impoverito. Alcuni psicologi hanno dimostrato proprio questo in uno studio del 2011 (A. Bucciol, D. Houser and M. Piovesan. “Temptation At Work,” Harvard Business School Research Paper, no. 11-090, 2011). Ai partecipanti, presso l’Università di Copenhagen, è stato detto di svolgere un compito al computer. In seguito, alcuni sono stati autorizzati a guardare un video divertente, mentre gli altri sono stati messi di fronte al pulsante play per avviare lo stesso video, ma dovevano resistere e non premerlo per alcuna ragione. Il risultato è interessante: coloro che dovevano resistere alla visione del video hanno svolto il compito peggio di quelli che sono stati autorizzati a guardarlo.
In breve, impegnarsi a ignorare le distrazioni è raramente sufficiente. Come Franzen, dobbiamo cercare di rimuoverli completamente dal nostro campo di attenzione. Altrimenti, finiremo con lo sprecare la metà della nostra energia mentale solo per non violare le nostre stesse regole.
Tratto da un articolo di Christian Jarrett.
Articolo geniale, ben strutturato e completo.
Posso dire di aver avuto, mio malgrado, esperienze vagamente simili a sostegno delle tesi qui esposte.
Mi avete fatto riflettere abbastanza, esponendo in modo chiaro e preciso dei concetti che avevo già pensato ma non ben formulato.
Siete stati di grande aiuto, siete riusciti nel Vostro intento.
Grazie ancora,
Ottina Marco